A settantaquattro anni Claude Monet iniziava il suo ultimo e monumentale progetto: i pannelli per l’Orangérie. Su dodici tele dalle dimensioni maestose e per più di dieci anni, Monet ha lavorato a quello che possiamo definire il suo testamento artistico e spirituale: le Ninfee. Nel suo giardino di Giverny, dove ogni centimetro di terra, d’acqua e di prato è stato appositamente costruito per soddisfare la sua pittura, l’artista ha realizzato il suo sogno: la fusione totale di arte, colore, natura e infinito.
Il racconto di Monica Gorini (Domodossola, 1967 – vive e lavora tra Milano e il Lago d’Orta) ha inizio proprio dai luoghi vissuti da Monet: da Etretat, Honfleur, Le Havre e, ovviamente, Giverny. Per due anni Monica ha idealmente dialogato con il Maestro in un lungo viaggio, geografico botanico ed artistico, ricco di emozioni, di immagini, di ricerche e di scoperte che ha racchiuso tra le pagine di questo diario, in una narrazione coinvolgente, fresca, immediata, ricca di riferimenti culturali e umani.
Con le ninfee negli occhi, la pittura di Monet nel cuore e il desiderio di colore nella testa, Monica ha poi cercato la propria dimensione artistica traducendo le “impressioni” in un linguaggio concettuale. L’obiettivo, quindi, non è rifare Monet, dipingere i fiori o il paesaggio di Giverny, bensì trovare, attraverso i luoghi della sua pittura, il “segreto del colore” e trasformarlo in una sorta di legge empirica, in un personale sistema cifrato che racchiude la natura, l’anima e la psiche.