“In questo mare di sofferenza e dolore in cui tutta l’umanità annaspa – con la conseguente amplificazione della sensazione di separazione, diffidenza ed egoismo verso l’Altro – come può sopravvivere la poesia? La poesia alberga ed è affidata alla parola e ai significati profondi del termine empatia, cioè quella capacità dell’individuo di sapersi mettere letteralmente nei panni dell’altro, in assenza di giudizio e con il cuore gonfio di tenerezza e compassione. La poesia del dolore è data dalla speranza fiduciosa che gli esseri umani di una società evoluta, come consideriamo a volte con gratuita arroganza la nostra, ripongono l’uno negli altri, attraverso l’incontro autentico e profondo, oltrepassando così le incertezze e il panico di ogni sorta. E questo di per sé è già un atto politico, poiché rappresenta una modalità di rapportarsi al mondo e all’altro, con uno sguardo orizzontale che rende umano il disumanizzato, attiva nel nome delle differenze la ricchezza del dialogo e, in quello del progresso, la condivisione amorevole del bene comune.
L’artista, con questa dichiarazione, ci accompagna per mano alla comprensione del lato politico dell’amore, quello sguardo orizzontale e non verticale che è modalità inclusiva di rapportarsi con il mondo, un aprirsi all’Altro che diviene anche presupposto fondamentale per la definizione dell’identità della persona. Quella stessa apertura che plasma la dualità della sua esistenza: l’essere arte terapeuta da una parte e performer dall’altra. Due volti che si auto-generano rinnovandosi, nutrendosi l’uno dell’altro”.
Livia Savorelli in dialogo con Mona Lisa Tina