Tutto ha inizio in piccoli taccuini, che non sono tanto diversi dai quaderni che appaiono nei quadri. C’è uno stretto rapporto tra quaderno e quadro, una consuetudine lessicale e formale che differisce solo in gradualità. I quaderni che noi vediamo in opere come The meeting, Last fish o One evening sono un surrogato dei taccuini che Max Rohr porta sempre con sé, in cui abbozza le idee e annota le composizioni. I dipinti e gli acquerelli su carta non sono altro che una riproposizione in scala di quei piccoli schizzi, già pienamente definiti nei loro dettagli, nelle proporzioni e nelle relazioni tra i vari elementi.
In Lonely Day e If I was an Architect le figure maschili stringono tra le mani il loro quaderno/taccuino, ponderando i pensieri che saranno trascritti sottoforma di immagini; di quei quaderni vediamo soltanto la copertina, ma il loro contenuto non ci è precluso, ci è anzi esplicitato perché il dipinto è esattamente il duplicato di ciò che è custodito all’interno dei libretti.
Tratto dal testo critico Appunti visivi di Alberto Zanchetta
Volume realizzato in occasione della mostra “Max Rohr. Looking through the trees. A Distorted Diary 2010 – 2011” a cura di Alberto Zanchetta: 26 novembre 2011 – 8 gennaio 2012 | Bonelli ArteContemporanea, Mantova