Volume pubblicato in occasione della mostra “MATTHIAS BRANDES. OPERE DAGLI ANNI OTTANTA A OGGI”, a cura di Valeria Tassinari, 24 marzo – 20 maggio 2018, Museo MAGI ’900, Pieve di Cento – Bologna.
Una superficie vibrante nella luce chiude le figure, come un involucro teso a disegnare il confine tra il visibile e ciò che non ci è dato sapere.
Ce l’hanno tutti, quella vibrazione: oggetti, corpi, volti, alberi, case, piroscafi. Ce l’hanno le mani che custodiscono piccoli scrigni segreti. Ce l’hanno i muri, le porte, le finestre, i tetti arrossati. Le guance arrotondate, le palpebre, le labbra. Ce l’hanno le pere inclinate o addentate, le tovaglie dispiegate con cura, le gambe delle sedie. Le cime degli alberi e le punte dei campanili. Le prue delle navi e il fumo dei camini.
I soggetti della pittura di Brandes sono una manciata di temi ricorrenti e ripetuti, che sondano i generi tradizionali, entrano negli archivi della tradizione, quei silenziosi cassetti della memoria dove lui stesso li classifica con cura, spostandoli sempre in una sospensione atemporale, in un tempo-luogo indifferente a ogni variabile.
Ma da dove si diffonde, allora, quella luce che attiva la pelle e la buccia, definisce la geometria delle forme, ammorbidisce i colori, disegna i chiaroscuri, addensa l’ombra negli spigoli delle architetture e negli angoli degli sguardi? Non è una questione di visione, di illuminazione transitoria. La luce c’è in assoluto, come in assoluto ci sono le forme, le cose che abbiamo conosciuto.
[dal testo Il teorema del silenzio. Un percorso nella pittura di Matthias Brandes di Valeria Tassinari]