Nel nuovo progetto Stateless (2014-2015), Gohar Dashti s’interroga sui confini fra universo interiore e visione sociale, osservati però, proprio in relazione all’equilibrio (o squilibrio) con la natura: “silenziosa testimone” di un sofferente mosaico di vite.
Il catalogo è stato realizzato in occasione della mostra “Limbo”, a cura Silvia Cirelli, presso la galleria Officine dell’Immagine (4 febbraio – 16 aprile 2016) ed è stato presentato in anteprima ad Arte Fiera 2016.
Sebbene al primo sguardo si venga rapiti dallo straordinario paesaggio circostante – la desertica isola di Qeshm, territorio iraniano che si affaccia sul Golfo Persico – passato l’incanto, l’artista ci porta a ribaltare piano di lettura, obbligandoci alla consapevolezza di un’intuitiva inquietudine.
I protagonisti degli scatti non sembrano a loro agio in questo immacolato scenario, si mostrano inspiegabilmente estranei al luogo che abitano, quasi esposti a una vulnerabilità imposta. I loro sguardi sono afflitti e spaventati, sfregiati da cicatrici nascoste. Come frammenti di storie masticate, che s’intrecciano senza mai accavallarsi, gli scatti riprendono un archivio di memorie consumate che irrompono nella narrazione incrinandone la percezione. […]
È qui che aderisce la grande capacità stilistica di Gohar Dashti: catturare la memoria collettiva, per poi offrirla allo spettatore, sollecitandolo a una condivisione, alla partecipazione di un sentimento. Un sentimento che qui spoglia le sofferenze dell’abbandono, una condizione forzata che ha costretto e che continua a costringere milioni di profughi ed esiliati a separarsi dalla propria casa, la propria famiglia, il proprio paese, per poi ritrovarsi stateless, per l’appunto. A causa di guerre, malattie, soprusi o repressioni, queste vittime della società contemporanea portano le ferite di un universo interiore spezzato, restituito senza promesse.
Il tetto della loro casa “si è bruciato”, ma chissà se davvero “potranno vedere la luna”, chissà se, come si chiede la stessa Dashti, “il cielo potrà mai diventare un rifugio sicuro e le montagne solide mura domestiche?”. [Silvia Cirelli]