Catalogo realizzato in occasione della mostra omonima, a cura di Sandro Parmiggiani, presso la Nuova Galleria Morone, Milano, 21 gennaio – 19 marzo 2016.
In una quasi ossessiva indagine sul volto femminile, in ogni sua possibile declinazione, Grenci ne rappresenta l’irriducibile varietà, la sua unicità, il suo costante fascino, al di là delle manipolazioni del trucco che talvolta ne celano l’autenticità e l’intima verità. Le figure ritratte da Domenico Grenci fluttuano in una dimensione fuori dal tempo, priva di ogni riferimento materiale e contingente. La scena su cui insistono è il vuoto, privo di ogni riferimento spaziale o temporale, magneticamente abitato dalla donna. I volti femminili di Grenci paiono riaffiorare da una fotografia antica, corrosa dal tempo. È il bitume, materiale povero e paradossalmente greve, a creare un effetto di indefinito e di incompiuto straniamento, simile a quello evocato da un’immagine sfuocata o sbiadita. L’artista cerca di cogliere qualcosa di nascosto in questi visi inquietanti ed enigmatici che pongono interrogativi a cui forse non esiste risposta; nel rispetto profondo dell’universo femminile, che è delicato e sensuale, vulnerabile e forte al tempo stesso, e cercando di estrapolarne l’essenza, in tutte le sue sfumature. Attua ciò che egli stesso definisce una “elevatio animae”, che diviene una sorta di risarcimento di quella identità offesa dalla mercificazione del corpo e della bellezza effimera.
Disegnatore di sicuro talento – che pare guardare, tra le tante possibili suggestioni che potrebbero citarsi, a Egon Schiele, Manolo Valdés e Marlene Dumas –, Grenci ha scelto di utilizzare un materiale del tutto insolito, il bitume, le cui cupezze lasciano, dentro il corpo e ai margini della forma, aloni di mistero, essudazioni che ne prolungano l’eco, stemperando le peculiari sembianze di un volto nel vuoto della tela o della carta, fino a farle diventare una sorta di apparizione che ci affascina e che siamo indotti a scrutare e a introiettare, prima che si dissolva, perdendone per sempre la memoria.