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Nadia Stefanel
Nadia Stefanel da Correggio (RE)

La tua nuova ritualità quotidiana…
Il lockdown in Italia ci ha sorpresi una sera di inizio marzo; le avvisaglie c’erano già state dal 24 febbraio con la chiusura totale delle scuole (io ho due figlie di 14 e 11 anni) e poco dopo del mondo dell’Arte, ma nelle nostre teste nulla faceva presagire che sarebbe stato solo l’inizio di un cambio radicale della nostra quotidianità. Così ci siamo ritrovati tutti e quattro in casa (per fortuna con un grande giardino) a suddividerci spazi vitali, metrature, stanze, e connessione wifi. A parte lo shock iniziale, è stato fondamentale darsi dei programmi quotidiani del #masttodo, lasciare sì che l’otium romano liberasse creatività, ricaricando le energie, ma che la malinconia di sapere che, per un bel po’, la normalità non sarebbe stata possibile e che questa “inerzia” non si impadronisse completamente di noi. In soldoni regole di vita precise (dall’alzarsi presto al mattino allo stabilire le attività da fare in casa e per il lavoro o la scuola durante la giornata). È stato fondamentale. Perché, vi posso assicurare, che lavorare in smart working con i figli al seguito (anche se grandi) con le loro lezioni online è un’impresa da Indiana Jones.

Abbiamo a che fare con un tempo e uno spazio nuovi. Cosa stai scoprendo o riscoprendo di te?
Dopo un primo momento di incredulità e stupore per la Pandemia e il lockdown, ho cercato di utilizzare il tempo a disposizione in maniera costruttiva, per non perdermi, per farne un arricchimento (forzoso ma utile), per uscirne più pronta di prima, più formata. E così ho rispolverato vecchi libri di storia dell’Arte, riguardato le opere d’arte degli ultimi 50 anni (1970-2020), mi sono iscritta ad un corso online al MoMA Museum, cimentata in un progetto video in inglese sul raccontare la storia del Coronavirus, in modo ironico, attraverso l’Arte per la Camera di Commercio Italiana di Singapore, preso appunti, letto libri di narrativa, e fatto soprattutto dello scouting di immagini d’Arte in rete. Questa abilità mi era stata insegnata all’Università, dal mio Prof Arturo Carlo Quintavalle. Organizzava corsi monografici con 1000 immagini di opere d’arte in bianco e nero per volta (le fotocopie a colori erano costosissime) da imparare a memoria e riconoscere, durante gli esami, come in un quiz televisivo. Allora sembrava un delirio, oggi invece mi ha permesso di ampliare la mia ricezione visiva con un ampio patrimonio di collegamenti. Una ricerca diventata passione.

Cosa ti manca? La tua personale esperienza dell’“assenza” e della “mancanza”.
Per una abituata come me ad avere sempre la valigia in mano, spostandomi continuamente fra luoghi di lavoro e luoghi d’arte con ogni mezzo di trasporto, con la vocazione intrinseca del viaggiare come mezzo di conoscenza dell’altro e delle altre culture, lo stop è stato come una secchiata di acqua fredda in faccia. Soprattutto se a questo si aggiunge la necessità di presenza, contatti che mi contraddistingue da sempre nei rapporti, dove lo stare assieme lavorando, condividendo vis a vis opinioni, pensieri, discussioni, chiacchiere e risate è la base del mio e del nostro mondo.
Quindi cosa mi manca? Proprio questo. Viaggiare per lavoro, per conoscere e vedere e la fisicità di una stretta di mano o di un abbraccio, ma non a 2 mt di distanza.
Mi manca lavorare gomito a gomito con gli artisti, i curatori, per realizzare il progetto, mi manca il lavoro sul campo, come il fare nottata per essere pronti per il vernissage del giorno dopo, il pubblico alle mostre, il sapore di questo universo.
Ora è tutto virtuale, certo. Ma, al momento, nonostante gli sforzi immensi da parte di tutti, dalle istituzioni, ai musei, dalle gallerie, ai singoli artisti di mettersi in rete, online, a mio avviso, non è la stessa cosa.

Musei e gallerie hanno reagito al momento con la digitalizzazione e la virtualità. Quali sono le tue “strategie” per instaurare nuove relazioni?
Per quanto riguarda la Fondazione Dino Zoli, con Monica Zoli, abbiamo deciso di seguire, da subito, l’hashtag #iorestoacasa del MIBAC e di cimentarci con un’attività social più impattante sui nostri profili (Facebook, Instagram e Twitter). Ho suddiviso l’attività in 3 sezioni: visita virtuale e approfondimenti relativi alla mostra “Profili cuciti di santità” di Lucia Bubilda Nanni in essere (chiusa un giorno dopo il vernissage), il racconto delle opere della collezione permanente della Fondazione attraverso parole chiave quali Geometrie, Intimità, Luce, Cielo, Porto e Alfabeti ed incursioni nel recente passato con le esposizioni e i progetti realizzati dal 2017 al 2019.
Inoltre abbiamo chiesto agli artisti e curatori che avevano collaborato con la Dino Zoli Group di realizzare piccole clip d’arte da postare per raccontare il progetto realizzato insieme e tenere vivo così il rapporto con il nostro pubblico, come fossero momenti di sollievo in una quotidianità costellata da restrizioni e divieti.

Come immagini il mondo, quando tutto ripartirà?
Purtroppo non ho ancora un’idea precisa di cosa ci aspetterà nel dopo. A livello economico credo possa essere una débacle per tutto il settore, ma credo che come in ogni crisi epocale la capacità del mondo dell’Arte sia quella di liberare il meglio proprio sotto stress, di mettere in circolo una potente creatività intesa come capacità di innovare attraverso l’immaginazione e citando Rodari, quella creatività che è insita nella natura umana ed è quindi alla portata di tutti. Non perché tutti siano artisti, ma perché nessuno sia schiavo.
Ed è quello che vogliamo fare come Fondazione Dino Zoli in questo forzato stand by, cercando di intercettare quali possano essere le tendenze della prossima, nuova, normalità. Perché sicuramente anche il mondo dell’Arte e della Cultura ripartirà.

Nadia Stefanel: vivo e lavoro tra Correggio (RE) e Forlì.  Dopo 11 anni alla direzione del Correggio Art Home, centro studi dedicato ad Antonio Allegri, ho incrociato sul mio cammino il Sig. Dino Zoli e dal 2017 sono Cultural and Communication Manager presso Dino Zoli Group e Direttore della Fondazione Dino Zoli. Da anni collaboro strettamente anche con l’artista Omar Galliani.
In Fondazione mi occupo della programmazione culturale in Italia e a Singapore, dove una delle aziende del Gruppo, la DZ Engineering dal 2011 realizza gli impianti di illuminazione e di comunicazione di pista sul circuito del GP F1, e della curatela di alcune mostre.
Il lockdown ha sospeso nell’aria l’ultimo nostro progetto espositivo Who’s Next (sostenuto dalla Dino Zoli Textile) dedicato a Lucia Bubilda Nanni (Profili cuciti di santità), un percorso attraverso la vita di alcune Sante con opere realizzate interamente con la macchina da cucire da questa dotata artista.
fondazionedinozoli.com