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Michele Giangrande
MICHELE GIANGRANDE DA BARI

La tua nuova ritualità quotidiana…
Fino a qui tutto bene, per citare una mia installazione permanente realizzata nell’agosto 2019 presso il Parco Archeologico Nazionale di Scolacium, grazie al progetto Ceilings curato da Simona Caramia e di cui è disponibile un bellissimo documentario diretto da Giovanni Carpanzano sul mio canale youtube.
Ritengo questo periodo una sorta di “macabro privilegio” perché, come artista e essere umano, mi viene donato quel tempo che ormai non abbiamo quasi più a causa della corsa contro lo stesso (il tempo), affannandoci per raggiungere obiettivi sempre più lontani dalla nostra condizione naturale di essere viventi.
Una triste opportunità: “triste” perché a spese di gente che purtroppo sta soffrendo o, nei peggiori dei casi, perdendo la vita, troppi ormai; “opportunità” perché mai come prima d’ora (o comunque dall’ultima pandemia dell’era moderna così come la conosciamo), ci ritroviamo in una condizione che ci porta di nuovo a parlare con nostra madre, nostra moglie, i nostri figli, amici ecc…
Ciò che possiamo e dobbiamo fare oggi è quindi interrogarci sulla situazione in cui versiamo e verseremo, al di là della pandemia, e se davvero vale la pena di correre sempre o se, qualche volta, è bello anche fermarsi per “ritrovarsi”.
Del resto, adesso, non possiamo dire che ci manchi il tempo per farlo.

Cosa ti manca? La tua personale esperienza dell’“assenza” e della “mancanza”.
Finalmente possiamo, anche se momentaneamente, abbandonare la nostra condizione supertribale di zoo umano (per dirla alla Desmond Morris), e rivolgerci ad una dimensione più “primitiva”, intima, elementare direi, nell’accezione più nobile del termine. Una sorta di via d’uscita dallo stato di empasse in cui la civiltà umana sembra essere giunta. Ovviamente è utopico pensare di poter ritrovare la dimensione naturale di vita della nostra specie, ma possiamo approfittarne, anzi dobbiamo, per avvicinarci il più possibile a tale condizione. Il che non significa involuzione, anzi, ma vera e propria rivoluzione. Ciò influirebbe notevolmente sul nostro stato psicofisico: in condizioni normali, in un habitat più consono, non ci faremmo venire l’ulcera allo stomaco e non soffriremmo di obesità, per fare qualche esempio. Tutto ciò aiuterebbe inoltre ad evitare la solita minaccia in agguato che caratterizza l’epoca recente. Come racconto nel mio film The Hyperzoo, non dobbiamo dimenticare che siamo vittime consapevoli di algoritmi che prevedono con precisione il nostro comportamento, costantemente e accuratamente analizzato. I social network, arma di “distrazione” di massa, sono riusciti a sostituire il rapporto a due sensi degli autentici contatti sociali ma è una trappola. Il primo rischio sociale ovviamente è l’isolamento poiché sempre e solo attenti al nostro “io digitale”, vero e proprio paradosso in un mondo così detto “connesso”. Il secondo è l’estinzione del concetto di privacy: l’apocalisse sociale.

Come immagini il mondo, quando tutto ripartirà?
Riscopriamo quindi le piccole cose e il tempo che scandisce lievemente le nostre azioni quotidiane. Il nostro spirito al ritmo del nostro respiro. Dopo tantissimo tempo, o addirittura per la prima volta in vita nostra, non abbiamo più un luogo da raggiungere, siamo già nel luogo migliore che ci possa essere: la nostra dimensione intima e personale. Credo che tutto questo cambierà il mondo per come lo conosciamo e spero cambi anche tutti noi.
In questo quadro gli artisti trovano linfa vitale e terreno fertile nel quale coltivare le proprie passioni e approfondire la propria ricerca intellettuale. Io che ho la fortuna di vivere nella mia casa/studio, volutamente lontano dai “rumori” della città, posso solo prendere il meglio da questa condizione che tutto è tranne che “forzata” se vista con pensiero laterale. La rendita dei miei numerosi viaggi in Oriente sta facendo il resto. Le giornate continuano sempre e comunque ad essere troppo brevi per i miei gusti. Del resto gli artisti, si sa, non si annoiano mai.

Ad oggi quali sono state per te le conseguenze immediate della diffusione del Covid-19 sul tuo lavoro e quali pensi possano essere le conseguenze a lungo termine?
L’arte contemporanea durante e post pandemia racconterà probabilmente (o inevitabilmente?) la punizione per il ciclopico capitalismo piegato da un essere infinitamente piccolo. Davide contro Golia, dove il gigante rappresenta l’ormai smisurata scelleratezza della vita che conduciamo.
In questi giorni mi sto sforzando e concentrando nel vedere questa pandemia da un altro punto di vista. Non solo come punizione, appunto, ma come vera e propria chance di cambiamento. L’ultima, forse, prima che il pianeta collassi irrimediabilmente e definitamente.
Siamo relativamente giovane come specie (quella umana intendo) rispetto ai virus che hanno miliardi di anni. Quindi partiamo dal presupposto che non stiamo avendo a che fare propriamente con un “pivello”.
Detto questo, rispetto ai morti per coronavirus registrati in Cina, per esempio, nel periodo di quarantena forzata, sono corrisposte molte più morti scongiurate a causa dell’inquinamento, che, grazie alla quarantena, è diminuito drasticamente.
Allora la riflessione da fare è probabilmente chiedersi se prima della venuta del Covid-19 c’era già qualcosa di molto più aggressivo e nocivo per il genere umano: noi stessi. Non conosciamo e immaginiamo il mondo che sta risorgendo e ci aspetta (?) lì fuori dalle nostre case: animali che scorrazzano liberamente in centro città, mari limpidi di un azzurro profondo, aria profumata e inebriante. Quando la pandemia sarà solo un cupo ricordo, saremo in grado di preservare tutto ciò ricordandone perlomeno il caro prezzo che stiamo pagando?

Com’è cambiato il tuo modo di lavorare?
Adesso è il momento della riflessione e progettazione. La mente umana è straordinariamente capace di adattarsi e trovare nuove strategie rispetto a qualsivoglia condizione, anche alla più drammatica, rigida ed estrema.
La creatività genera idee già “sintonizzate” con le possibilità attuative e contesto storico-sociale in cui agisce. È magico tutto questo. Questo siamo noi. L’artista è colui che veicola e trasforma questa capacità intrinseca in opera d’arte.
In attesa di riprendere le attività lasciate in sospeso all’estero, nell’attuale “clausura” sto lavorando a due nuovi progetti (in verità già da tempo), ovvero il terzo e quarto capitolo della tetralogia degli elementi cominciata con BUNKER (la terra, 2018) e seguita con THE HYPERZOO (l’aria, 2019).
Si tratta di progetti molto complessi, articolati e itineranti che richiedono un massiccio lavoro intellettuale, grandi capacità organizzative e il coinvolgimento di più figure professionali; come i precedenti capitoli, infatti, anche per “l’acqua” e “il fuoco” prevedo una titanica produzione che comprenderà installazioni metamorfiche ed esperenziali, performance, sound art, light art, arte partecipata e relazionale, scene e costumi, film/documentari e progetti editoriali senza tralasciare l’aspetto didattico a cui tengo particolarmente. Coinvolgere lo spettatore con e in tutti i sensi. SPOILER ALERT!
Per il momento meglio fermarsi qui.

Michele Giangrande artista, scrittore, regista e designer nasce a Bari nel 1979. È docente di Decorazione all’Accademia di Belle Arti di Bari. Da anni compie una ricerca che trae ispirazione nell’arcaico, nel primitivo, nella rilettura del passato, attraverso un approccio sistemico di pittura, scultura, artigianato, performance, cinema, installazione e architettura. Partendo dalle proprie origini, l’artista decide di compiere un percorso a ritroso nelle tradizioni popolari e nella Storia dell’Umanità, per giungere alle prime espressioni artistiche e coglierne così la scintilla basilare da imprigionare nelle proprie opere d’arte pubblica, relazionale, partecipata ed esperienziale. www.michelegiangrande.com

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