Marco Tonelli da Spoleto (PG)
Abbiamo a che fare con un tempo e uno spazio nuovi. Cosa stai scoprendo o riscoprendo di te?
Non so se si possa ancora parlare di un “noi” generalizzato e condiviso, come fosse un sistema o un organismo più o diversamente consapevole, ma di certo la soggettività occidentale ha risentito di questa ultima scossa, che è durata troppo poco per cambiare la struttura dello spazio e del tempo. Però ci ha dato la possibilità di viverli e immaginarli diversamente. Credo che questa possibilità, toccata con mano, ci abbia lasciato un segno, destinato a manifestarsi in futuro, come le crepe sui muri o le incrinature di un vetro. Abbiamo riscoperto, se mai ce ne fosse stato bisogno, la nostra fragilità, debolezza e paura.
Stiamo capendo che si può vivere con meno mobilità?
A livello privato questo è stato il benessere di cui abbiamo più goduto: rallentamento dei ritmi, sospensione temporanea del nomadismo, spesso nevrotico e incontrollato, durante le nostre relazioni sociali e/o professionali. La qualità di una persona non può essere data solo dal suo presenzialismo, dai suoi mezzi economici che lo facilitano nello spostamento, ma da ciò che uno ha da dire. Non insomma da quanto si vede o quanto parla, ma da cosa dice. Tornare ai contenuti del discorso, dell’opera d’arte, della scrittura sarebbe una salutare pandemia per spazzare la retorica del pensiero vuoto e mercenario.
Ad oggi quali sono state per te le conseguenze immediate della diffusione del Covid-19 sul tuo lavoro e quali pensi possano essere le conseguenze a lungo termine?
Avere ancora più consapevolezza della necessità di pensare e vivere in modo diverso, non adeguandosi a quel ritmo, quasi obbligato, in cui la contemporaneità iperconnessa, politically correct, trasparente, alla portata di tutti, ci impone per essere. Mentre in realtà, sfruttando questi pur nobili concetti, si portano avanti pensieri omologanti, di mercato, apparenza, moda, opportunismo del momento. Se vogliamo la conseguenza più immediata che poi riguarda il lungo termine è semplicemente comprendere ancor più a fondo che essere contemporanei qui e adesso non vale niente se non si è, prima ancora, consapevoli del passato e con una visione rivolta al futuro.
Marco Tonelli (Roma, 1971). Dopo Laurea, Specializzazione e Dottorato di Ricerca, la sua attività si è divisa tra incarichi istituzionali (Responsabile ufficio mostre Quadriennale di Roma, Assessore alla cultura del Comune di Mantova e attualmente Direttore artistico di Palazzo Collicola a Spoleto) e di docenza presso Accademie di Belle Arti. Ha curato progetti legati alla scultura presso Palazzo Ducale a Mantova o all’arte urbana per la Fondazione Museo di Montelupo Fiorentino, concentrando le sue ricerche su artisti come Pino Pascali, Leoncillo, Francis Bacon (dei quali ha scritto monografie e saggi) o su contemporanei come Fabrizio Plessi. Ultimi progetti realizzati: la mostra Paolo Canevari: Materia scura presso Palazzo Collicola e il libro La scultura di Alberti Burri: opera inversa (1978-1992) pubblicata dalla Fondazione Palazzo Albizzini Collezione Burri.
www.palazzocollicola.it