Ilaria Margutti da Sansepolcro (AR)
Com’è cambiato il tuo modo di lavorare?
All’inizio ho creduto che questa interruzione forzata, fosse un tempo concesso e ho pensato che avrei potuto usarlo per immergermi più profondamente nei miei studi, ristabilendo un ritmo cadenzato e continuativo, troppo spesso sfasato dalle corse quotidiane, dal lavoro e dagli appuntamenti.
Ho creduto che avrei saputo lavorare in presenza alle opere che avevo in cantiere e di riuscire a concentrarmi per sviluppare idee utili alla prossima mostra di novembre.
Durante la prima settimana, ho sistemato il mio studio, l’ho riordinato per fare spazio, poi più nulla.
La testa era vuota, i pensieri immobili, mi sono sentita spaesata, per più di dieci giorni, qualsiasi cosa iniziassi, non solo non riuscivo a portarla a temine, ma mi sembrava totalmente superflua.
Non si può forzare il pensiero, era chiaro che quello che stava accadendo fuori, influenzava prepotentemente ciò che mi accadeva dentro.
Così mi sono fermata.
Ho iniziato a fare altro, ascoltando tutti gli stimoli che mi arrivavano: da amici, da amici artisti e da persone che stimo.
Ho iniziato a raccogliere racconti e parole e poi scriverle come appunti senza logica sul mio taccuino e mi sono accorta che le parole, in questo momento, sono il solo corpo rimasto delle persone.
Non avevo mai preso in considerazione la fisicità delle parole, la loro dimensione territoriale, la mappa nascosta dentro a questi piccoli codici scritti o parlati.
Così, come una meditazione, ho iniziato a trascrivere poesie, ricamandole su lembi di stoffa.
Non volevo pensare, volevo solo entrare nelle parole scritte da chi le aveva da sempre sapute indagare.
Volevo crearmi un vuoto, una distanza per capire cosa mi stesse accadendo.
Ricamare poesie delle poetesse che amo, significa fare silenzio, creare uno spazio nello spazio, fare altro, distaccarmi da quella me stessa che non riconoscevo più.
Sentivo il bisogno di crearmi una dimensione di ritmo e respiro, non certamente di senso, perché il senso arriva sempre dopo il gesto.
Abbiamo a che fare con un tempo e uno spazio nuovi. Cosa stai scoprendo o riscoprendo di te?
Sto riscoprendo proprio questa dimensione della parola e della meditazione. Dopo qualche giorno di silenzioso vuoto ricamato, ho iniziato a comprendere che sarebbe stato molto più fertile, lasciare tutto il “prima” alle mie spalle.
Sto riscoprendo che non c’è nulla di urgente da concludere, non c’è bisogno di dare risposte, né tantomeno forzare i desideri e le aspettative, chi saremo dopo, lo siamo già ora, in base a come ci siamo sempre presi cura di noi stessi, a come ci siamo preoccupati per l’altro e a quanto siamo abituati a trasformarci per vivere dentro la vita, ma ancora non siamo in grado di vederlo.
Per questo ricamare, lasciando il pensiero inattivo, è la stessa cosa che meditare, ascoltare e lasciarci fare abitare dal vuoto, che non è il nulla, ma è fare spazio, prepararsi ad accogliere quello che arriverà. Per quanto la mia modalità di fare arte, sia sempre stata vicina alla meditazione e alla costruzione del ritmo interiore, certamente non avrei mai pensato che il mio gesto sarebbe stato svuotato dal senso. È stata una scoperta e ringrazio questo momento per avermelo fatto capire, perché ho sempre pensato che il vuoto è uno stato di possibilità infinite, è il luogo in cui si possono dare nuovi nomi alle cose, è una mappa da tracciare e un nuovo territorio da esplorare.
Stiamo capendo che si può vivere con meno mobilità?
Sicuramente stiamo capendo che ci sono altri strumenti per renderci mobili e presenti, ma penso comunque che la mobilità rimanga una prerogativa importante per il nostro modo di vivere e per il senso fondamentale di libertà, magari spero che stiamo capendo una mobilità di tipo qualitativo, per creare il contatto necessario che ci possa permettere di prenderci cura delle persone che riteniamo importanti, dedicando loro il tempo dell’ascolto.
Coloro con i quali ci sentiamo liberi di essere noi stessi, potendo mostrare anche le nostre fragilità senza il timore del giudizio o dell’ansia da prestazione.
Credo fossimo arrivati a una mobilità fin troppo bulimica e frenetica, pur di mantenere i contatti con più persone possibili per non rischiare di essere dimenticati, o di diventare invisibili, mi auguro che questo stallo ci stia donando la capacità di ristabilire l’equilibrio con il nostro ritmo interiore, con le cose che ci fa bene fare.
Spero che questa crisi possa portare a un risvolto, alla consapevolezza di essere una maglia di questa rete, fatta di esseri viventi e di natura invisibile, di ridimensionare la nostra esigenza di centralità e porgerci con umiltà verso la vita, essere umili, che non significa sottomettersi, ma accogliere la complicata bellezza del mondo.
Spero si possa trovare il coraggio di lasciare andare gli scopi e le persone che ci appesantivano il volo, abbandonando il superfluo per permetterci di far nascere in noi un senso di fiducia verso ciò che possiamo saper trasformare.
Mi auguro che, dopo questa lunga attesa, non si ricreino le condizioni di quel sistema che ci ha fatto arrivare a questo collasso, altrimenti tutta questa sospensione, tutte queste vite distrutte, tutti questi fiumi di parole che ci stiamo bellamente gettando addosso, non potrebbero essere altro che una fatica inutile.
Ilaria Margutti (Modena 1971), vive e lavora a Sansepolcro (AR), dove svolge l’attività artistica e quella di docente di storia dell’arte. Diplomata all’Acc.B.A. di Firenze. Ha collaborato con diverse gallerie private.
Dal 2013 a oggi, assieme a Laura Caruso, cura il recupero dello spazio CasermArcheologica, dedicato alla sperimentazione artistica contemporanea a Sansepolcro.
Dal 2007 inizia a usare il ricamo come elemento fondamentale della sua ricerca. Una tecnica densa di significati simbolici sulle origini del femminile e intensamente intrecciata alle radici della storia greca.
Ultime mostre del 2019: Selvatico#14, a cura di Massimiliano Fabbri, Museo delle targhe Sacre, Fusignano (RA); A ricordo di Dove, a cura di Ilenia D’Ascoli, CasermArcheologica Sansepolcro (AR). www.ilariamargutti.com