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Gianni E.A. Marussi da Milano

Com’è cambiato il tuo modo di lavorare?
Prima le giornate prevedevano conferenze stampa, anteprime delle mostre e molte inaugurazioni delle gallerie private, nel pomeriggio. Ora si possono fare interviste solo via rete e la mancanza del contatto fisico le rende più difficili, quasi innaturali, oltre ai vincoli che la tecnologia impone.
Molti incontri sono proposti su Istagram, ma le connessioni non sono fluide e le immagini con i commenti non sono stimolanti. Lo stesso vale per la proposta delle mostre virtuali. Le opere sono digitali, come virtuale è lo spazio che le “ospita”. 
L’opera d’arte necessita di una comunione, di un pathos che si manifesta guardandola, toccandola come nel caso delle sculture. Si sviluppa nello spazio, nell’ambiente che le ospita. In questa sosta obbligata, si può riflettere, studiare, organizzare gli archivi e pubblicare ciò che era rimasto in sospeso per mancanza di tempo.
I musei civici milanesi, con la prossima riapertura, riproporranno le mostre che erano in corso, con accessi su prenotazione, spazi controllati di accesso e percorrenza, e quindi un numero contingentato di presenze. Le conferenze stampa saranno ancora possibili? E con quali modalità?  Come reagirà il pubblico?
Per proporre nuove esposizioni ci vorrà del tempo e bisogna trovare i finanziamenti e i prestatori d’opere. Per mettere in calendario una mostra ci vogliono almeno due anni di preparazione e, come mi diceva il dott. Piraina, per coprire un costo di un milione di euro, bisogna contare su almeno 80.000 biglietti venduti.

Cosa ti manca? La tua personale esperienza dell’“assenza” e della “mancanza”.
Per noi italiani che siamo abituati a socializzare la reclusione diventa una mancanza profonda di vita. Uscendo, l’altro è una potenziale minaccia, non un tuo simile da abbracciare o con cui ha voglia di scambiare pensieri e parole. I contatti telefonici e video sono assoggettati a questa impotenza. Ricordano le comunicazioni che avvengono tra la base e gli astronauti. A tutto ciò siamo impreparati.
Per non parlare della rivoluzione nei rapporti familiari, complicati da una frequentazione obbligata giornaliera, nei medesimi spazi, con i figli bloccati a casa, senza vedere amici, a studiare, connessi con computer o tablet con i propri insegnanti.
In più anche il rapporto con se stessi cambia, non distratto dalla operosità esterna. Ma quanti hanno normalmente tanto tempo da dedicare a se stessi, usciti dal frenetico vortice del fare?
Per certi versi è come risvegliarsi da una notte d’incubi per ritrovarsi in uno, reale, assai peggiore. Non hai punti di riferimento, storici o culturali, che al di là della dotta citazione, siano paragonabili a quanto ci troviamo ad affrontare, a livello mondiale.

Quale deve essere il ruolo dell’editoria in un momento storico come quello attuale? Un magazine o una piattaforma di informazione specialistica, quali sfide può concorrere ad affrontare?
Il media che maggiormente può svolgere un compito informativo è quello della rete, con testi, immagini, video, disponibile ovunque. L’importante è la qualità. Sbagliato pensare che la rete sia solo uno strumento veloce o peggio didascalico. Ma è anche impossibile pensare a rinunciare all’editoria “classica”, che ha bisogno della carta per comunicarti emozioni, immagini, sottolineare testi…

Come immagini il mondo, quando tutto ripartirà?
Questa esperienza, senza precedenti nella storia dell’umanità, modificherà tutto profondamente. La crisi economica sarà superiore a quella del 1929 con conseguenze inimmaginabili. L’arte non essendo un bene di prima necessità vivrà sicuramente una falcidie di spazi e di funzioni espositive. Credo che l’attuale offerta di mercato sia destinata a essere profondamente rivista a favore di opere rispecchianti valori e canoni etici. Alcuni segnali di com’è già cambiato il mercato delle opere d’arte possono rivelarlo la situazione fallimentare delle due case d’asta più importanti al mondo come Christie’s e Sotheby’s.
Il mondo poi, in questo stop totale di movimento, ha rivelato come la natura abbia ripreso i suoi spazi, regalandoci immagini di cieli, animali, piante, laghi, fiumi, mari… come forse non li avevamo mai visti. Da questo dovremmo e dobbiamo prendere insegnamento. La mobilità va sicuramente ripensata come il rispetto per l’ambiente e noi stessi. Penso che tutto ciò che è accaduto sia un segnale inequivocabile.

Gianni Ettore Andrea Marussi è nato a Milano nel 1951. Giornalista pubblicista dal 1973, dal 1973 al 1976, edita e dirige il mensile Le Arti, fondato nel 1950 da Garibaldo Marussi. Dal 1977 al 1978, consulente editoriale Dizionario delle Opere e dei Personaggi, Bompiani Editore. Dal 1979 nel Gruppo Fininvest; dal 1984 al 1986 coordina la produzione televisiva Bit, storie di computers, con Luciano De Crescenzo (Italia 1); crea e dirige il mensile d’informatica Mondo Bit. Dal 2009 al 2016 è responsabile di ARTDIRECTORY, TGCOM24. Dal 2017 editore e direttore Artdirectory-Marussi. Nel 2017 diventa membro del Comitato Scientifico della Triennale Fotografia Italiana. www.artdirectory-marussi.it