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Gian Luca Groppi da Genova

La tua nuova ritualità quotidiana…
La mia nuova ritualità quotidiana consiste nell’essermi riappropriato di uno spazio, con il quale non ho mai avuto, vista la mia intensa vita lavorativa, la giusta confidenza. Abito sulle alture genovesi, in una vecchia casa di campagna, con un grande giardino-roseto, al limitare di un bosco. Le mie giornate iniziano alle nove, visto che sono perennemente insonne a causa di molteplici pensieri legati al periodo. Ho imparato a colmare dei vuoti, come il riappropriarmi del giardino e del verde, di dedicarmi totalmente alle letture ed alla musica.
Si è rafforzato notevolmente il legame con mia moglie, con la quale ho condiviso la paura, il dover affrontare con ansia i piccoli gesti del quotidiano al di fuori delle mura domestiche ma anche nuovi momenti di coesione famigliare, piccole gioie fortunatamente ritrovate.
Per quasi tutto il lockdown non ho avuto la forza e la concentrazione di pensare all’arte, impossibilitato tecnicamente e fisicamente di potere scattare foto; solo verso la prefase al rientro è rinata una grande determinazione a riprendere da dove avevo lasciato; gioia caduca appena hanno cominciato a ripresentarsi le problematiche di un eventuale ritorno al lavoro.

Cosa ti manca? La tua personale esperienza dell’“assenza” e della “mancanza”.
Mi manca, come a tutti credo, la libertà di movimento e la serenità nel compiere (fuori di casa) i più elementari gesti quotidiani, minati da questo esecrabile virus.

Come immagini il mondo, quando tutto ripartirà?
Spererei in un mondo più responsabile, più ecologico e più gentile.
Credo che chi già possiede una propensione a tali propositi forse migliorerà; gli altri, dopo lo shock iniziale, ritorneranno a correre ed usurpare, ad essere ciechi, con la sola diversità che avranno imparato a fare il pane in casa.

Gian Luca Groppi è nato a Piacenza nel 1970, vive e lavora a Genova. Dai 27 anni si dedica alla fotografia, prevalentemente in bianco e nero, stampata personalmente in camera oscura. Negli ultimi anni sperimenta anche il digitale a colori.
Definito dalla critica: “un cantastorie moderno che unisce sensibilità ed ironia, nascosta da una facciata di rigida serietà”, pratica l’arte come necessità, utilizzando mente e medium fotografico per esprimere la propria poetica: raccoglie e mette in scena, per disvelare e bonificare, i malesseri, i vuoti e le ansie della società, ammantandoli di un humor salvifico, piuttosto nero. www.gianlucagroppi.blogspot.it