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Eleonora Roaro

ELEONORA ROARO DA MILANO 

Com’è cambiato il tuo modo di lavorare?
Questa è una domanda complessa perché implica considerare il lavoro dell’artista a 360° e non solamente nella sua fase di creazione vera e propria che può dipendere in misura minore o maggiore dagli spazi pubblici e istituzioni. Nel mio caso, da un lato, alcune modalità lavorative sono rimaste identiche: tutta la fase di elaborazione di testi e di postproduzione di immagini avviene di norma da casa, così come la gestione della burocrazia e gran parte delle relazioni con terzi. Dall’altro mi rendo conto di una sorta di fallimento di tanti discorsi dell’Institutional Critique, nel senso che questa emergenza sanitaria ha dimostrato immediatamente la forte dipendenza che esiste nei confronti degli spazi fisici istituzionali (musei, gallerie…) e, soprattutto, dalla logica neoliberale dell’evento (fiere, mostre, residenze). La produzione del lavoro è legata economicamente a queste realtà, e già di norma è molto difficile riuscire a cavarne qualcosa che somigli a uno stipendio. Purtroppo ho visto, così come molti altri, svanire o venir posticipati molti progetti con gravi conseguenze di sussistenza. Nel mio caso specifico, avrei dovuto iniziare i primi di marzo la residenza presso Casa degli Artisti (Milano) e in questo momento stiamo cercando di capire come traslarla online visto il protrarsi delle misure restrittive. Chiaro che ciò implica ripensare in toto il progetto (che dipendeva moltissimo anche dagli archivi cittadini) e il senso stesso dell’avere uno studio in un’istituzione in una posizione centrale (Brera) in una città come Milano. Non parliamo poi dell’assegno di mobilità che io e Andrea Mariani dell’Università di Udine abbiamo vinto per sviluppare un progetto in tandem con l’MIT (Boston)…

Cosa ti manca? La tua personale esperienza dell’“assenza” e della “mancanza”.
Sono in lockdown da sola nel mio appartamento di Milano dal 3 di marzo e, se da una parte sto gestendo abbastanza bene la mancanza di relazioni fisiche, dall’altra accuso molto la mancanza di libertà e di attività all’aria aperta. Il corpo ha bisogno di muoversi nello spazio, di stancarsi. Quindi credo che una delle prime cose che farò quando verranno allentate le misure restrittive sarà andare in montagna o comunque qualcosa che mi permetta di vedere altro rispetto alla mia finestra (che comunque già dà sul verde e in questo mi reputo fortunata).

Stiamo capendo che si può vivere con meno mobilità?
Sono abbastanza infastidita dalla retorica che ci viene propinata post Lehman Brothers della crisi-come-opportunità perché le conseguenze di tutto ciò sono molto gravi e renderanno ancor più precarie le condizioni di vita di molti e il divario tra ricchi e poveri. Detto ciò, spero che tutto ciò serva a svecchiare l’Occidente (e non solo) da una serie di abitudini non solo totalmente inutili, ma anche insostenibili per noi e per il pianeta, e che quindi vengano attuate forme di smart working anche in futuro. Mi auguro che oltre alla coscienza ambientale cresca anche un senso di responsabilità nell’utilizzo dei media digitali per via dei problemi di connessione che stiamo esperendo in questi giorni. Digitale non è sinonimo di immateriale: il cloud non è nell’aria come suggerisce il nome ma è una struttura concreta da qualche parte nel mondo. Le tecnologie sono costruite usando materiali estratti dalla terra, spesso molto rari, e le infrastrutture stesse consumano moltissima energia con un elevato impatto ambientale.

Eleonora Roaro (Varese, 1989) è artista visiva e ricercatrice. Studia Fotografia (BA – IED, Milano), Arti Visive e Studi Curatoriali (MA – NABA, Milano) e Contemporary Art Practice (MA – Plymouth University, Plymouth). La sua ricerca si focalizza sull’archeologia del cinema, sulla video-arte e sulla relazione tra spettatori, architettura e spazio urbano in riferimento al cinema. Attualmente è in residenza presso Casa degli Artisti (Milano) e ha appena terminato il progetto “Realtà aumentata e realtà virtuale per la valorizzazione del patrimonio artistico e culturale” con l’Università degli Studi di Udine presso la quale era assegnista di ricerca. Vive e lavora a Milano e le sue gallerie di riferimento sono: Visualcontainer, Milano e Luisa Catucci Gallery, Berlino.
www.eleonoraroaro.com