Alessandro Bulgini da Torino
La tua nuova ritualità quotidiana…
La peculiarità del mio quotidiano parte da lontano visto che ho vissuto da sempre una vita molto complessa che mi ha portato ad adoperarmi in strategie altrettanto complesse atte a portarmi avanti comunque. Questo per dire che quel faccio in questo momento per vivere non si discosta così tanto da quel che è stato nel mio passato, almeno per metodologia. Mi sono sempre considerato in una situazione di precarietà per cui ho imparato a mettere a frutto il preesistente, facendolo diventare strumento di elaborazione e di sostentamento. Per farla breve mi sono sentito spesso naufrago, o meglio, disperso in una giungla, alla qual cosa ho pensato di dover porre rimedio mediante l’arte dell’arrangiamento (nell’accezione più nobile del termine). Il mio quotidiano di questo periodo in casa è il perfetto adattamento alle condizioni a disposizione, raccontarlo potrebbe essere magari noioso, meno lo è l’equazione che lo definisce.
Com’è cambiato il tuo modo di lavorare?
Come dicevo mi avvalgo del preesistente. Da un certo momento in poi, nel mio percorso artistico, ho lasciato lo studio e mi sono messo a “disposizione” in strada per verificare quanto l’arte potesse relazionarsi con la vita senza dover fare peripli troppo complicati. Ho dato il via a progetti di relazione stretta tra arte e territorio, il primo molto suggestivo si è chiamato B.A.R.L.U.I.G.I. Opera Viva, una sorta di franchising gratuito che permetteva, sotto l’egida di questo nome, a qualsiasi spazio pubblico o privato di diventare spazio di accoglienza creativa gratuito e senza filtri. Dichiarato progetto inefficiente, inaugurati un sacco di spazi in Italia e non solo, dopo la chiusura della sua base (dove io son stato per più di un anno), mi sono dedicato al mio quartiere torinese Barriera di Milano. Quartiere nel quale ho iniziato a produrre attività artistiche d’ogni genere per potervi portare attenzione. Queste esperienze hanno rafforzato quel che dicevo prima per me essere fondamentale, cioè la capacità dell’utilizzo del preesistente nella sua possibilità di essere rielaborato per poi poter essere messo a disposizione della comunità. Arriviamo, dopo questa lunga prefazione, a definire cos’è cambiato in questi giorni, in realtà ora sono in fase di studio. Anni fa ho aperto questo importante progetto, tra gli altri, che promuove la figura dell’artista di quartiere, ebbene in questi giorni sto cercando di capire come sarà possibile rispetto al prima, muoversi con altrettanta efficacia nel tessuto umano/urbano. Confido nella volontà e nella capacità di adattamento per capirne le nuove strategie, totalmente da reinventare, totalmente per un mondo nuovo.
Cosa ti manca? La tua personale esperienza dell’“assenza” e della “mancanza”.
Sono abituato alle assenze, ho avuto lutti su lutti a casa, sono solito “fare a meno di”, … non vuol dire che non soffra, ma piuttosto che questo sia diventato anche parte del mio bagaglio, di quello che metto in gioco.
Come immagini il mondo, quando tutto ripartirà?
Come immagino o come spero? In entrambi i casi avete le risposte a portata di mano.
Ad oggi quali sono state per te le conseguenze immediate della diffusione del Covid-19 sul tuo lavoro e quali pensi possano essere le conseguenze a lungo termine?
Le conseguenze economiche essendomi distanziato dal mercato dell’arte? Indifferenti, non pervenute. A lungo termine penso che se le cose prendessero una piega insperata e il mondo si mettesse d’accordo per una visione comune, finalmente… Me ne potrei andare in pensione. D’altra parte lo sanno tutti che l’arte esiste finché c’è “il problema”.
Alessandro Bulgini. Nato a Taranto nel 1962, vive e lavora a Torino. Diplomato all’Accademia di Belle Arti di Carrara in scenografia teatrale, ha vissuto in numerose città Italiane: Roma, Milano, Livorno, Venezia, Genova, Taranto, alle quali deve l’assoluta indipendenza e individualità del proprio lavoro. Difficilmente assimilabile e inquadrabile in alcuna corrente artistica Bulgini utilizza un ampio spettro di mezzi; dalla pittura alla fotografia, dal video alla performance.
Fin dagli esordi Bulgini concentra la sua ricerca sul tema dell’invisibile e del sommerso. Dal 1990 al 2000 realizza il ciclo di opere “Le déjeuner sur l’herbe” e dal 2001 ad oggi i cicli “Hairetikos” e “Opera Viva”. Performances, quadri, fotografie e installazioni, strumenti diversi, atti di opposizione a una verità ritenuta assoluta, tentativi di indicare qualcosa al di là del visibile. Il 15 novembre 2008 inizia, con la sua iscrizione a facebook, il ciclo tuttora in essere dal titolo “Opera Viva” (l’Opera viva nel gergo nautico è la parte sommersa dello scafo e dunque rappresenta il sommerso, tutto ciò che è invisibile, tutte le periferie, mentali e fisiche), un’opera social che si avvale del contributo attivo di tutti i suoi partecipanti, mediante la quale l’artista sviluppa varie modalità innovative d’utilizzo artistico del network e pone attenzione sull’idea di opera corale, un’opera che nasca dalla relazione con l’altro da sé. Il 24 aprile del 2012 Bulgini apre un nuovo capitolo importante del proprio lavoro a indirizzo social mediante l’inaugurazione del progetto B.A.R.L.U.I.G.I., Opera Viva, progetto con il quale l’artista abbandona lo studio per inoltrarsi nella quotidianità della vita, nasce così la figura del District Artist, l’artista di Quartiere. Da un bar di periferia enuncia le semplici regole per poter trasformare il pre-esistente, in questo caso trasformare spazi preesistenti (quali bar, macellerie o paesi interi) in spazi di accoglienza creativa senza filtri, gratuiti e no profit connessi fra di loro in rete tramite pagine personali facebook, sotto la stessa egida del logo B.A.R.L.U.I.G.I; se ne sono contati 11 nel mondo. Con la chiusura della base di B.A.R.L.U.I.G.I riversa le sue attività sui territori, partendo dal proprio quartiere, Barriera di Milano a Torino, del quale incomincia a decorare per un anno i suoi marciapiedi con i gessetti “Decoro Urbano”. Del 2013 è il progetto “Flashback è Opera Viva” per la fiera d’arte antica e moderna Flashback, progetto testo a stigmatizzare l’immortalità dell’arte mettendo in connessione il dentro e il fuori, il sommerso e l’emerso, il visibile e l’invisibile, il centro e le periferie. Dopo si attiva in maniera variegata per le città di Taranto, Cosenza, Peekskill – NY, Livorno, Verona e poi ancora per l’ospedale S. Anna di Torino, per la città di Imlil in Marocco, per la Jungle di Calais. Incisivo e peculiare il capitolo che riguarda le scuole: nasce nel 2015 a San Vito dei Normanni Opera Viva, Scuola di Volo che si attiva in seguito per le scuole primarie Benedetto Croce e Gozzi di Torino. https://alessandrobulgini.wordpress.com/