Alberto Fiz da Noviglio (MI)
La tua nuova ritualità quotidiana…
Sono molti anni che lavoro in smart working nel mio studio di casa. Sostanzialmente, non ci sono stati cambi radicali anche se tutto avviene in un’atmosfera ovattata. Sembra di essere pesci in un acquario tra mail, whatsapp, instagram. Guardo il mondo da un oblò e m’annoio un po’… Scrivo, penso. Anzi scrivo pensando. Non faccio cose, almeno nel senso di hobbistica e bricolage, lavoretti in casa e quant’altro. Al massimo posso andare in pausa col telecomdano della tv, ancora quella posizionata sul carrellino che si misura coi pollici. In compenso, ho più tempo per stare con mia moglie Giuliana Cunéaz e fare e disfare programmi vari ed eventuali. In questo periodo così strano si preferiscono i messaggi al vecchio, caro telefono. Troppo lunghi i convenevoli e le premesse sul Covid-19, la pandemia e a casa tutto bene?… Quando poi qualcuno che sta male c’è sempre. Ma tutto si appiattisce tra faccine e cuoricini, video demenziali e altre disquisizioni pseudo ironiche. I grandi propositi rimangono, per lo più, nel cassetto e le letture tanto agognate finiscono triturate dalla rete. Più che on ogni tanto ci vorrebbe off. Spegnere tutto e mettersi in poltrona. Ma probabilmente dovrò rinviare il tutto alla prossima puntata…
Cosa ti manca? La tua personale esperienza dell’assenza” e della “mancanza”.
Posso dire cosa non mi manca: gli opening affollati, le parole di circostanza, i sorrisini falsi, il detto-non detto che significa l’opposto di quanto sembri, i “ci vediamo” quando entrambi sappiamo che non ci vedremo mai…, le corse per non arrivare in ritardo. Nello stesso tempo, mi manca il mondo reale, quello dove ci si guarda in faccia, dove esprimi emozioni, dove percepisci che chi ti sta di fronte ha il tuo stesso modo di sentire. Oppure è su un altro pianeta. Mi manca anche il contatto con le opere d’arte, la visione diretta delle cose che, purtroppo, mi mancava già prima. Molte volte ci siamo, ma non guardiamo. Anziché osservare ci si perde in mille chiacchiere, come avviene durante le fiere. Mi manca anche lo stress… se non siamo sollecitati c’è sempre il pericolo che ci abbiano dimenticati. Che ansia….
Come immagini il mondo, quando tutto ripartirà?
Tanti buoni propositi e sentimenti, come nella letterina a Babbo Natale o nella pubblicità della Barilla. Tutti dicono che usciranno migliorati da questa esperienza e che si sono fatti un esame di coscienza. Credo che, nella sostanza, dopo un periodo di assestamento, tutto tornerà all’incirca come prima con il nostro carico di stress, incertezze, paure e un po’ d’ipocondria in più. Succederà come dopo l’11 settembre. Più controlli in aeroporto e valigie più piccole. Ma, nella pratica, ci portiamo dietro sempre lo stesso bagaglio e un fardello troppo pesante. Forse una piccola cosa può cambiare: il nostro rapporto col tempo. Magari riusciamo a dargli più valore.
Stiamo capendo che si può vivere con meno mobilità?
Direi di sì. Se questo periodo qualcosa ha insegnato è che ci si può muovere stando fermi e che tanti nostri spostamenti sono inutili. Insieme a mia moglie, l’abbiamo capito una decina d’anni fa quando ci siamo trasferiti fuori città creando una casa-studio-laboratorio. A Milano, per percorrere due chilometri, dalla casa allo studio, ci mettevo anche 40 minuti, compresa l’infernale ricerca del parcheggio dove bisognava fare le gincane tra divieti e lavaggi strade. Questa esperienza dimostra che possiamo usare più la testa e meno le gambe evitando massacranti spostamenti per noiose riunioni di routine dove la prima convocazione va deserta, la seconda serve per abbozzare il programma e poi con la terza si arriva a definire le strategie che si sarebbero potuto trovare durante la prima… Skype, Zoom o qualunque altra diavoleria, può consentire di ridurre al minimo gli spostamenti non necessari. Anche le città dovranno cambiare con piste ciclabili (non servono solo ai cani per fare pipì), bici e macchine elettriche. Cerchiamo di essere più smart in tutto.
Ad oggi quali sono state per te le conseguenze immediate della diffusione del Covid-19 sul tuo lavoro e quali pensi possano essere le conseguenze a lungo termine?
Il problema vero è la crisi economica in un settore dove già non c’erano soldi prima. Oggi tutto si rinvia e le mostre del 2020 slittano al 2021 e poi chissà… Sono preoccupato come tutti, pur essendo consapevole di essere fortunato. Anche internet, a cui siamo fideisticamente attaccati, mi crea un certo disagio. Se passa la linea delle mostre virtuali con cataloghi virtuali, viewing room, piattaforme e persino i drink su instagram o facebook, si consuma una tragedia finanziaria, ma anche intellettuale. Il web tritura tutto e ci conduce verso l’assoluta omologazione potenziando il pericolo che era già presente ben prima della pandemia. Non si può ridurre tutto a formato smartphone. In una tale babele di messaggi e messaggini chi avrebbe mai distinto Caravaggio dal Cavalier d’Arpino? Alla realtà aumentata stando in pantofole preferisco la vita spericolata… ma almeno autentica.
Alberto Fiz (1963) è critico d’arte, curatore di mostre e giornalista specializzato in arte e mercato dell’arte. Ha un’ampia attività pubblicistica e saggistica. Ha svolto ruoli di direzione e di consulenza artistica per amministrazioni e enti pubblici. Ha realizzato il progetto di scultura Intersezioni al Parco Archeologico di Scolacium e il Parco Internazionale della Scultura di Catanzaro. Già direttore artistico del museo MARCA di Catanzaro, collabora con la Regione Autonoma Valle d’Aosta e con numerose altre istituzioni. Accanto all’attività critica, si interessa di problematiche legate al collezionismo ed è art advisor di Intesa Sanpaolo Private Banking. Collabora con Milano Finanza e Arte. I suoi ultimi progetti espositivi sono Mountains and Parks, la personale di Olivo Barbieri al Centro Saint-Bénin di Aosta e La Rivoluzione siamo noi. Collezionismo italiano contemporaneo allo spazio XNL di Piacenza.