Martina Cavallarin da Venezia
Abbiamo a che fare con un tempo e uno spazio nuovi. Cosa stai scoprendo o riscoprendo di te?
Ho letto in questo periodo Lo Studiolo, di Giorgio Agamben. Lo Studiolo era la piccola stanza in cui il principe si ritirava per meditare o leggere, circondato da quadri e oggetti che amava in modo speciale. Ma in questione, lì, non è uno spazio privato, ma un’altra esperienza del tempo, che concerne ciascuno di noi. Ecco, oggi in questo tempo sospeso per la prima volta ho sentito di vivere nello spazio anziché nel tempo, ma forse si tratta solo di vivere un’altra esperienza del tempo.
Stiamo capendo che si può vivere con meno mobilità?
L’essere umano vive nel tempo mentre dovrebbe vivere nello spazio, dovrebbe riuscire a sganciarsi dall’affanno del trascorrere per srotolare energie in una dimensione davvero propositiva. Utopico pensare di scindere le due cose, eppure auspicabile giacché, in transito nel nunc, potremmo cercare di ambientarci nell’hic.
Mi sembra, questo, del d. C. (dopo Coronavirus), un tempo ucronico. Ucronia s. f. [dal francese uchronie (voce coniata dal filosofo Charles Renouvier nel 1876), der., con u- di utopie «utopia», dal gr. χρόνος «tempo, periodo di tempo»], raro. – Sostituzione di avvenimenti immaginari a quelli reali di un determinato periodo o fatto storico. Ora siamo obbligati a ripensare a tutto quello che di negativo e di positivo abbiamo sperimentato e scoperto durante questo tempo estremo; un tempo vissuto nella sospensione di futuro e passato, ora che il presente si è fermato. Abbiamo alle spalle un passato da correggere e davanti ci si prospetta un futuro a rischio. Stiamo vivendo il cambiamento in una contrazione temporale inedita, inaudita e inattesa. Ci siamo arrivati per causa di forze maggiori: l’imprevedibile ci ha raggiunto in modo repentino e drammatico, e ora ci obbliga a rinegoziare il nostro patto con la sopravvivenza e con il progresso. Due orizzonti che oggi più di ieri si mostrano contrapposti e non allineati.
Cosa ti manca? La tua personale esperienza dell’“assenza” e della “mancanza”.
L’artista contemporaneo è in stato di moto, il movimento iniziato con il motore modernista prosegue; la metafora dell’erranza si ritrova anche nell’opera Horses Running Endlessly di Gabriel Orozco. Il transito del passante nello spazio urbano è comparato alla mossa del cavallo negli scacchi. Vivo a Venezia e conosco bene questo faticoso transito. La devastante rapacità della politica ha portato un turismo inetto, bulimico, spregiudicato, inconsapevole, tremendamente massificato. Ecco, tra tempo e spazio, mi sono sentita catapultata nell’assenza della mossa del cavallo; e non mi manca.
Martina Cavallarin. Critica d’arte, curatrice indipendente e saggista, si occupa di Arti Visive contemporanee con uno sguardo che spazia tra differenti linguaggi e necessarie contaminazioni. Progetta e cura mostre internazionali e pubblica libri e cataloghi distribuiti in Italia e all’estero. L’interesse della sua ricerca si focalizza sull’indagine dei sistemi relazionali e sociali attraverso progetti artistici e formativi che coinvolgono la cultura contemporanea e la sfera umana. Svolge corsi e workshop a l’Accademia di Belle Arti di Venezia, e allo IED Istituto Europeo di Design sede di Venezia. Nel 2019 è curatore di 10 X 100 Fabbrica d’arte contemporanea, un progetto Arte / Impresa della Giovanardi spa e a Venezia fonda e dirige STUDIO Contemporary Art. Nel 2020 è chiamata a presiedere e dirigere l’Associazione culturale 5400K SPERIMENTAZIONE ARTE E DESIGN. È membro della commissione promossa dall’Assessorato alla Cultura di Treviso per la costruzione, ristrutturazione e programmazione del Bailo, Museo Civico d’Arte Moderna e Contemporanea.
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