Jacopo Mazzonelli da Verona
Com’è cambiato il tuo modo di lavorare?
La situazione che si è venuta a creare mi ha impedito di recarmi in studio fisicamente per un certo periodo. Per questo, ho approfondito la parte relativa alla pre-visualizzazione dell’opera portando sullo schermo quelle che sono le infinite prove che effettuo dal vivo prima di completare il lavoro. In realtà, nell’utilizzo approfondito della tecnologia, si cela un aspetto molto più analogico di quanto si è soliti immaginare. La messa a punto di un archivio digitale di materiali pronti da assemblare – un vero e proprio “arsenale”, come direbbe Anselm Kiefer – ha sempre accompagnato la mia ricerca. Registrazioni storiche, partiture, strumenti musicali, fotografie, prototipi di tecnologie musicali, grafici acustici: i miei pesanti hard disk sostanzialmente funzionano allo stesso modo del mio magazzino fisico, dove gli oggetti vengono collezionati, riposti e ordinati in attesa di trovare una propria funzione nell’opera.
Abbiamo a che fare con un tempo e uno spazio nuovi. Cosa stai scoprendo o riscoprendo di te?
L’attuale emergenza ha generato una serie pressoché infinita di implicazioni. Quella che mi ha colpito di più è sicuramente quella relativa alla percezione e alla gestione del tempo. L’attuale sistema dell’arte impone agli artisti tempi di produzione sempre più stretti. A volte si ha l’impressione che l’opera viva, invecchi e muoia nel giro di una stagione. La richiesta di opere nuove diventa spesso ossessiva, spostando l’attenzione più sulla data in calce sul retro dell’opera che sul lavoro stesso. Credo che il lavoro vada difeso non in ordine di quantità ma di qualità. Sto riscoprendo il valore del tempo in relazione allo sviluppo globale dell’opera.
Con quali oggetti e spazi del tuo quotidiano stai interagendo di più?
Sono un collezionista, da sempre, direi da quando ero bambino. Amo gli oggetti seriali. Fontanini ha scritto che la biblioteca è la proiezione topografica della propria mente. Fare ordine in un territorio che è fisico, tangibile, ma anche assolutamente virtuale e soggettivo fa parte della mia quotidianità. Poi ci sono i dischi, alle volte mentre ne ascolto uno ne ho in mano un altro per osservarne i microsolchi in controluce. Sono oggetti magnifici anche solo da tenere in equilibrio tra pollice e terzo dito. Infine il pianoforte nell’ultima stanza. La sedia davanti al verticale indica inequivocabilmente che è un attrezzo da utilizzare e non un mobile da lucidare. Dal primo giorno di quarantena ho ripreso in mano Brahms, affrontando le Fantasie op.116 da capo. Questo dilazionamento del tempo mi ha permesso di studiare con maggiore calma, diteggiare con cura, pensare a risolvere ogni passaggio. Il pianoforte, ovunque vada, ovunque mi trovi, è l’oggetto che mi accompagna sempre. Ne ho avuti molti, ne ho disassemblati altrettanti. In questo senso il pianoforte non è più un oggetto, è piuttosto uno spazio all’interno del quale agisco quotidianamente.
Jacopo Mazzonelli realizza sculture, assemblaggi e installazioni che indagano l’ampia zona di confine tra arti visive e musica. La sua ricerca si avvale di tecniche e metodologie mutuate da diverse discipline. Lavorando sull’interpretazione e sulla visualizzazione della dimensione sonora, l’artista si confronta con strumenti che destruttura, trasforma e ricompone. Al centro del suo interesse è il “gesto musicale”, le indagini sulla percezione del ritmo e del divenire del tempo.
Ha tenuto mostre personali in Italia e all’estero. Nel 2017 il MART – Galleria Civica di Trento gli ha dedicato un’ampia mostra personale – “To be played at maximum volume” – corredata di una monografia a cura di Luigi Fassi e Margherita de Pilati. Suoi lavori sono già in importanti collezioni tra le quali: AGI-Verona; Caldic Collection, Rotterdam, Unicredit Art Collection; VAF-Stiftung Collection; MART Collection, Rovereto; Fondazione Francesco Fabbri, Treviso. Tra le principali esposizioni ricordiamo: “Sonografia”, Museo Internazionale e Biblioteca della Musica di Bologna (2018); “To Be Played at Maximum Volume”, Mart – Galleria Civica di Trento (2017); “VI Vaf Prize-Posizioni Attuali dell’arte”, Schauwerk, Sindelfingen (Stuttgart) e Stadtgalerie, Kiel (2014); “La Correzione”, con Silvia Giambrone, Paolo Maria Deanesi Gallery, Trento; “Difference and Repetition”, Galleria Giovanni Bonelli, Milano; Jce Biennal d’Art Contemporain, Le Beffroi, Montrouge, Museu de l’Empordà, Figueres, The Art Building, Vrå, Amadeo De Souza-Cardoso Museum, Amarante; “Isorhythm”, con Giulio Paolini, Galleria Studio G7, Bologna.
In collaborazione con il compositore Matteo Franceschini, dal 2017 realizza una fitta serie di progetti performativi dei quali, insieme alla pianista Eleonora Wegher, è anche interprete diretto.
Le sue gallerie di riferimento sono Galleria Studio G7, Bologna; Galleria Giovanni Bonelli, Milano – Pietrasanta; Paolo Maria Deanesi Gallery, Trento. www.jacopomazzonelli.com