Ciccarini, che ha frequentato a NY negli anni ’80 Jean Michel Basquiat (geniale artista underground e inventore del graffitismo la più grande espressione dell’arte metropolitana), spesso dipinge attorno alle sue città sterminati campi di oppio, ponendo l’attenzione proprio su quei vizi capitali che spesso avvelenano gli uomini metropolitani.
New York, la grande mela, la prima vera megalopoli della storia con i suoi eccessi e le sue contraddizioni diventa nella pittura di Ciccarini simbolo assoluto della città contemporanea.
Nelle diverse soluzioni formali della pittura di Ciccarini, NY appare trasfigurata e riconoscibile solo in qualche sporadico elemento quale il ponte di Brooklyn, un grattacielo, una piazza. […] Il giallo di un taxi che passa veloce rimbalza sul grattacielo creando aspettativa sino a raggiungere come un bagliore di speranza lo spettatore.
Le pennellate colorate vibrano come note elettroniche della musica degli anni ’80. Guizzi di quell’energia frizzante che elettrizza la città, che stordisce la vista e disorienta l’animo e che l’artista restituisce sulla tela.
Tocchi di bianco dati come finestre di luce artificiale che si aprono sull’esistenza altrui e che invitano lo sguardo ad entrare.
Ciccarini conosce l’importanza fondamentale della luce e non a caso i suoi punti di fuga corrispondono sempre alla luce.
Dal Testo critico Brain Maps. Entropia dei sistemi nell’arte di Roberta Semeraro